Il nuovo DCPM, emanato il 14 gennaio (ed in vigore fino al 5 marzo) ha prolungato la suddivisione delle varie regioni del paese in tre zone (rossa, arancione e gialla), ciascuna corrispondente ad un diverso regime di restrizioni. Il provvedimento ha introdotto alcune novità, tra le quali il divieto di asporto dopo le 18 per i bar, che – è bene ricordare – resteranno aperti solo in zona gialla e potranno continuare ad effettuare le consegne a domicilio.
Un’ordinanza del Ministero della Salute, datata 16 gennaio, ha disposto il passaggio della Regione Lombardia dalla zona arancione a quella rossa. La nuova giunta regionale, avendo ritenuto troppo severo e penalizzante, il provvedimento del dicastero presieduto da Roberto Speranza, ha presentato ricorso al TAR per chiederne la revoca. In attesa della pronuncia del Tribunale, entrano in vigore le restrizioni previste dall’ormai ben noto sistema delle zone a colori; pertanto, in Lombardia i bar resteranno chiusi, anche se la regione sarà ‘promossa’ in zona arancione dal Ministero della Salute o dalla sentenza del TAR.
Al provvedimento del Ministero della Salute è seguita la reazione immediata della Confcommercio, tramite una dichiarazione del presidente Carlo Sangalli, il quale – tramite una nota stampa – ha definito radicale la decisione della autorità. Sangalli non contesta le decisioni dal punto di vista scientifico ma per il metodo con il quale vengono presi i provvedimenti, sottolineando come la continua alternanza tra colori e chiusure impedisce alle imprese di organizzarsi e di ripartire nel breve periodo. In questo scenario, ha aggiunto il presidente di Confcommercio, c’è il rischio che il futuro di interi settori imprenditoriali venga ipotecato al punto da escludere qualsiasi possibilità di ripresa economica.
Appena un giorno prima dell’inserimento della Lombardia in zona rossa, la stessa Confcommercio aveva pubblicato i risultati di un sondaggio (condotto su imprese di pubblico esercizio della Città Metropolitana di Milano e delle Province di Lodi e Monza Brianza), sottolineando le ripercussioni negative dei provvedimenti restrittivi sulle attività dei bar di Milano, della Brianza e del lodigiano.
Secondo i dati raccolti dalla sezione milanese di Confcommercio, le perdite medie sul fatturato ammonteranno a circa il 46%; Milano sarà la più colpita (-50%), seguita da Lodi (45%), l’hinterland milanese (40%) e Monza Brianza (38%). Con lo stop all’asporto per i bar dopo le 18, le perdite sfioreranno il 60% per i locali più attivi durante le ore serali.
I dati emersi dal sondaggio sopra citato rientrano in un quadro non particolarmente roseo, che include le ingenti perdite dell’ultimo mese del 2020 registrate dagli esercizi pubblici; come sottolineato sempre da Confcommercio, le perdite più significative riguarderanno i bar e i locali le cui attività sono prevalentemente serali (con un calo superiore al 70%). A Milano, gli esercizi pubblici hanno perso a dicembre il 75% del volume di affari mentre Lodi (-69%) e Monza Brianza (-64%) hanno avuto un rendimento leggermente migliore.
Le limitazioni a bar e ristoranti, fin dalla completa chiusura a livello nazionale disposta durante il lockdown primaverile del 2020, ha spinto buona parte dell’utenza a cambiare in parte le proprie abitudini, ricorrendo sempre più spesso alla moka od alle macchine per il caffè espresso, i dispositivi che utilizzano le capsule e le cialde per l’infusione della bevanda. Ad alimentare questo segmento del mercato del caffè sono stati, oltre ai negozi fisici specializzati, anche gli e-commerce che commercializzano cialde e capsule caffè, come ad esempio Outlet Caffè. Le monoporzioni, facili da reperire e semplici da usare, hanno consolidato il proprio status all’interno del mercato del caffè – facendo registrare un notevole aumento delle vendite – grazie allo shopping online (il principale volano di crescita) ed alle contingenze, ovvero le restrizioni imposte a bar e ristoranti.
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